Cinema, Televisione

I Soliti Idioti, Severino e il buon senso.

Ridere è qualcosa di molto personale e spontaneo, non lo si può fare a comando ed è complicato anche solo  fingersi divertiti.  La vera risata è impulsiva,  spassionata, ed ha il potere di far perdere completamente il controllo quando improvvisa e genuina. Alcuni riescono a divertirsi con estrema facilità, altri hanno bisogno di freddure complesse o sottili giochi di parole, a dimostrazione che anche la risata ha un suo target ed uno sketch va studiato e preparato soprattutto pensando a chi verrà rivolto. Biggio e Mandelli hanno creato un intero mondo di personaggi e situazioni, alcuni impossibili da resistere per chiunque (l’impiegata delle poste, i ristoratori cinesi di Scandicci, l’amministratore di condominio nazista), altri ancora più complessi da elaborare, perché ridicolizzano categorie normalmente “inattaccabili” portandole ad un livello tale di esasperazione da compiere un intero giro attorno all’offesa, trasformandola in esilarante celebrazione (la coppia di tennisti borghesi razzista, gli omosessuali fin troppo orgogliosi, i bambini sadici dai genitori permissivi). Nonostante ciò, per quanto io abbia cercato di comprendere il senso e l’intenzione del nuovo sketch di “Severino”, non sono riuscito a capire quale leva dell’ironia si cerchi di smuovere con l’utilizzo di un bambino ritardato che non riesce a comprendere le indicazioni di un padre scocciato. Il ragazzino, sapientemente raffigurato con tanto di tic nervosi, smarrimento e sorriso perenne, viene riempito di istruzioni da un padre poco paziente che, tentando di convincere soprattutto sé stesso di capacità che il figlio ovviamente non ha, rifiuta puntualmente le richieste di affetto che Severino gli rivolge, atteggiamento molto comune e, a parer mio, molto triste,  tipico di questi soggetti. Personaggio così ben riuscito da apparire squallido e grottesco, oltre che molto, molto fastidioso.

5 pensieri su “I Soliti Idioti, Severino e il buon senso.”

  1. Severino è un po’ la banalità del male, come quando uno passa e dice “questo se lo sono inculato con la sabbia”. A quella parola lui da di matto e scappa.
    Piccola correzione, in verità Biggio sarebbe il fratellone e non il padre, se ho ben capito Severino poi non sarebbe un bambino ma una sorta di adulto rimasto bambino senza speranza.
    Si riscatta a malapena in una gag, dove anche il fratellone entra nella banca e ne esce traumatizzato come Severino, insomma anche lui deciso a dirne quattro a quelli che hanno fregato severino, viene fregato a sua volta.
    Però è triste, è vero. Non peggio di Drive In, però.

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  2. Io sinceramente non capisco nemmeno l’ironia di altri personaggi, ma probabilmente si tratta di un mio problema. Non sono infatti offeso che prendano in giro alcune categorie, più che altro mi sfugge dove dovrebbero far ridere. O meglio, li assimilo molto alla comicità anni ’80 del Drive In, fatta di slogan e tormentoni. Non conoscevo però questi nuovi personaggi di cui parli.

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    1. Allora apparteniamo allo stesso target: con tutto l’impegno anche Drive In non sortiva alcun risultato con me, semmai tanto fastidio per le risate finte recitate da ragazzi di contorno che si ripiegavano all’unisono recitando male un finto divertimento. Terribile!

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