
Anche quest’anno sono sopravvissuto al “Da Piazza a Piazza – una gita nel passato”, camminata annuale che, sul crinale dei monti, circuisce la valle del fiume Bisenzio nel territorio della Provincia di Prato. La passeggiata, di particolare lunghezza (circa 77km secondo il mio GPS), ha avuto origine da una scommessa fra due Pratesi un po’ burloni che vollero dimostrare di poter andare da una piazza all’altra della città senza attraversare il fiume Bisenzio. Sebbene in direzione opposta all’originale, il percorso è lo stesso di allora e si è appena conclusa la trentunesima edizione, la settima per me.
La partenza è alle 7 del mattino dal quartiere Santa Lucia di Prato, dove, indossata la pettorina numerata, si sale subito il colle Malaparte, sulla cui sommità, raggiungibile in una quarantina di minuti, riposa dal 1957 lo scrittore pratese dal quale prende il nome. Apposto il primo timbro sulla pettorina, si procede nel bosco verso la Collina di Prato, per poi affrontare la temuta salita verso i Faggi di Javello, la cui porzione denominata “Pietraia” spaventa ogni anno anche i più allenati per pendenza e lunghezza. Al termine della salita e con la lingua a terra, incontriamo un piccolo ristoro gestito dalla VAB (Vigilanza Antincendi Boschivi), dove troviamo frutta, dolci ed un rifornimento idrico di acqua e succhi di frutta. Il tratto successivo è molto suggestivo sia per l’imponenza dei faggi spesso avvolti dalla nebbia o dalle nuvole, che per la presenza di alcuni monumenti ai caduti della Seconda Guerra Mondiale. Non si incontrano particolari difficoltà o salite fino al ristoro successivo, dove ci attendono crostini di salsiccia e salumi, uova sode, formaggi ed altre delizie e dove, apposta la firma sul registro, comicia la salita denominata “Straccalàsino”, che in dialetto locale significa sfianca, sfinisci, stanca l’asino. al termine della salita, sul crinale dei monti, incontriamo ed imbocchiamo il sentiero GEA 00. Questo Sentiero, la cui sigla sta per “Grande Escursione Appenninica”, ha origine sui monti della Verna nell’Aretino e conduce in Liguria abbracciando Casentino, Mugello, Appennino Tosco-Emiliano, Montagna Pistoiese, Garfagnana e Lunigiana. In questo tratto, è un sentiero ampio e pulito che segue un crinale ricoperto da un fitto bosco che talvolta si apre ad ovest permettendo viste mozzafiato in direzione della Valle del Limentra e dell’Abetone. Il tratto termina al Rifugio Pacini, in località Pian della Rasa, dove ci attende un piatto di pasta, un timbro sulla pettorina ed un meritato riposo, per quanto mi riguarda senza scarpe. A questo punto, l’argomento sulla bocca di tutti è uno soltanto: il temuto Monte Zucca, che dopo un’ora di cammino dal Rifugio Pacini, minaccia la resistenza di tutti con la sua interminabile salita dalla pendenza crescente e priva di curve, un momento in cui regna il silenzio assoluto fra gli escursionisti. A spingere i piedi, sui cui gravano ormai quasi trenta chilometri, è il pensiero del ristoro successivo, che ci aspetta proprio oltre il monte Zucca, all’interno del Tabernacolo di Gavigno. Qui troviamo ogni anno una deliziosa porchetta, pane e pomodoro, formaggi, vino e tanta allegria: al primo boccone il monte Zucca è già dimenticato e la mente volge al Monte delle Scalette, ultima salita della prima giornata di cammino. Lasciato il Tabernacolo, si sale subito in un bosco via e via più rado all’interno di un sentiero serpeggiante e tavolta incastonato fra le rocce denominato Roncomannaio, fino ad incontrare una parete di roccia bianca sulla quale trova posoto un ripido sentiero a zig-zag che, non fosse per l’irregolarità dei gradini, sembrerebbe appunto una scalinata. Dopo aver calpestato per alcuni metri il suolo Emiliano, rientriamo in Toscana e raggiungiamo “Quelle della Macedonia”, nome dell’ultiomo ristoro, dove un gruppo di volontarie prepara dal giorno prima montagne di macedonia, niente di più perfetto a questo punto della giornata. Scesi quindi fino a Montepiano, si raggiunge l’arrivo del primo giorno. In moltissimi si fermano per la notte nelle strutture locali o si organizzano per il campeggio, io fortunatamente riesco sempre a rientrare a casa dove dopo una doccia che sembra un’estasi, crollo distrutto in preda al dolore muscolare ed alla febbre da sforzo, che so essere ormai parte del gioco. Alle sei e mezza, io e Lorenzo, mio compagno di avventure di questa edizione e per la terza volta, siamo già a Montepiano per ripartire. L’aria è fresca e la luce meravigliosa, ma i primi passi sono quelli che più ricordano le fatiche del giorno precedente ed occorrono alcune centinaia di metri prima di scaldare i muscoli e sopportare i vari doloretti. Superato un breve tratto boscoso in saliscendi, si raggiunge la strada Montepiano-Barberino de Mugello, e la si segue fino al Parco Memoriale della Linea Gotica, dove imbocchiamo un tratto di strada sterrata molto ampia, solitamente cosparsa di pozzanghere di grandi dimensioni. E’ un tratto piuttosto monòtono, sicuramente il meno entusiasmante dei due giorni,e quello con meno variazioni, ad eccezione dell’ampia praterìa che circonda la fattoria de “Le Soda”. Il primo ristoro si trova a circa tre ore di cammino dalla partenza ed è eletto quasi all’unanimità come il migliore dell’intera manifestazione: a Montecuccoli infatti ci attende una grigliata spettacolare arricchita da crostini e tante altre delizie, nel tipico clima gioviale e di festa che si respira per tutti e due i giorni. Lasciamo a malincuore l’odore di carne alla brace per iniziare la salita che ci porterà sui Monti della Calvana. Si tratta di una salita poco impegnativa e dolce, che conduce verso il mio paesaggio preferito: le praterie sommitali. La Calvana infatti, prende il nome dal suo essere “calva” di alberi ed è famosa oltre che per gli sconfinati prati verdi, anche per le mucche ed i cavalli che vivono in totale libertà per tutto l’anno e sono i padroni assoluti di questo territorio. Questo è anche il luogo dove sono cresciuto e conosco più di ogni altro, infatti, dal ristoro VAB che raggiungiamo in poco più di un’ora di saliscendi fra i prati, casa mia dista appena 25′ a piedi verso Ovest. Rifocillati di liquidi e frutta, saliamo nel bosco del Poggio Mandrioni fino alle praterie successive, quelle più ampie e vaste dove il rimboschimento operato dal Governo Fascista degli anni ’30 non è arrivato. E’ quassù che si incontra il maggior numero di mucche e cavalli ed è quessù che si trova la vetta più alta della seconda giornata, il Monte Maggiore, 916 metri slm. Questo paesaggio ha però il suo rovescio della medaglia, e ce lo ricordano le discese ripide, brulle e sassose che dalla sommità conducono rapidamente al Crocicchio di Valibona, dove si incrociano le strade provenienti dal versante Fiorentino e quello Pratese, alla base del Monte Maggiore e del Monte Cantagrilli. Il ristoro è gestito dal negozio di sport Campione, ed offre insalate fredde, ribollita, panzanella ed altri piatti della tradizione locale, oltre ad una fornitura di integratori di sali minerali, indispensabile per affrontare l’ultimo tratto. Se, come quest’anno, il tempo è bello, da questo momento non ci sarà più ombra fino all’arrivo e la salita che conduce alla croce metallica apposta sul Cantagrilli è decisamente sfiancante. Eppure, ogni volta, tutta la fatica scompare all’aprirsi del panorama che si gode da quassù. In una giornata tersa come ieri, c’è da rimanere senza fiato: si può vedere più di mezza Toscana, dal Mugello al Falterona, da Le Cornate al Monte Serra e fino alle Apuane, il tutto a fare da sfondo alla piana Firenze-Prato-Pistoia che si domina nella sua interezza e riconoscendo chiaramente il centro di tutti e tre i capoluoghi. Poco più avanti, una seconda croce posta subito sotto la vetta de La Retaia, offre un vertiginoso sguardo sul centro di Prato che si trova così sotto di noi da farci sembrare sospesi. Invece, ahimé, è ancora lontano e scendere fino in città richiede uno sforzo non inferiore alla peggiore delle salite: le ginocchia implorano pietà e le caviglie minacciano ammutinamento, soprattutto nel tratto asfaltato finale, ma per quanto distrutti, feriti, dolenti e sudati si possa arrivare al traguardo, è sempre la soddisfazione a vincere su tutto. Io non vedo già l’ora che sia l’anno prossimo, e voi, che aspettate? Visitate: http://www.dapiazzaapiazza.it