Italia, Mondo, Varie

Expo 2015, la mia visita

Prima della mia visita ad Expo, ho passato in rassegna il web per preparare al meglio l’itinerario e devo dire che questo mi ha generato parecchie preoccupazioni. Sulla base di quanto letto su blog e quotidiani, sono partito con la convinzione di trascorrere una giornata in coda durante la quale sarei riuscito a visitare al massimo sei/otto padiglioni e rassegnato al fatto di dover mangiare in un baracchino da strada per evitare i folli prezzi dei ristoranti a tema. Che sia stata fortuna, caso o addirittura merito nostro, tutto questo si è rivelato sbagliato. Ho visitato trentatré padiglioni con due sole code degne di nota, entrambe inferiori ai quarantacinque minuti. Ecco quindi un dettagliato racconto di questa giornata particolare, allo scopo di incoraggiare e invogliare chiunque si fosse lasciato convincere a lasciar perdere.

La nostra giornata è iniziata molto presto, partenza in auto da Firenze alle 5:30 ed arrivo al parcheggio P4 alle 9:00, prenotato rigorosamente online sul sito apposito (link: Arriva Expo Parking). I nostri biglietti, a data aperta e ricevuti in regalo per il mio compleanno, sono stati associati alla data della visita sul sito ufficiale di Expo (link: Gestisci i tuoi biglietti). Raggiunto il varco, ci mettiamo in coda per il check-in al metal detector con sole due persone davanti a noi e per le 10:00, orario di apertura, siamo già dentro all’esposizione dall’ingresso est, il principale. Il viale centrale, lunghissimo ed al coperto per tutta la sua lunghezza (circa un chilometro e mezzo!), si chiama Decumano, come la via principale delle antiche città romane, ed è quindi tutto in ombra. Decidiamo di percorrerlo tutto subito, per raggiungere il padiglione del Giappone, situato quasi in fondo, dove è segnalata l’attesa più lunga e poi percorrere a ritroso tutta l’esposizione. Durante la camminata, veniamo attratti dal padiglione del Brasile, indicato come uno fra i più belli, ed essendo privo di coda decidiamo di visitarlo subito. Prima di cominciare la descrizione dei padiglioni visti, vorrei segnalare a quanti non lo sapessero che è sufficiente portare una bottiglietta d’acqua o un bicchiere, ci sono infatti numerosissimi fontanelli di acqua gratuita naturale o frizzante sparsi ovunque. Noi abbiamo scelto di tralasciare tutti i padiglioni disposti lungo il Cardo (la via perpendicolare al Decumano) dove prendono posto gli stand regionali italiani, semplicemente perché ci è sembrato inutile visitare prodotti e tradizioni che ben conosciamo o abbiamo sempre a portata di mano. Ed ora, padiglione per padiglione, in ordine di visita.

brazil1. Brasile: una enorme rete sospesa sulla quale camminare, permette di “sorvolare” un orto sottostante con le principali specie botaniche brasiliane. L’esperienza è molto divertente e particolare, giunti al termine della rete, in salita, si attraversa il padiglione dal secondo piano al piano terra: non c’è molto da vedere all’interno, il padiglione risulta spoglio e poco propositivo in termini di soluzoini eco alimentari, ma rispetto a molti altri non esce fuori dal tema “nutrire il pianeta” e propone alcune soluzioni abitative e colturali sospese realizzate in ceramica bianca.

Japan2. Giappone: non c’è dubbio, il padiglione del Giappone è il più bello dell’intera esposizione, così bello che sembra provenire da Expo 2050, tanto è avanti rispetto agli altrii. Quarantacinque minuti di coda allietati da un video molto divertente e dalle hostess nipponiche che ci spiegano la visita: si entra a gruppi di 25 persone e si attraversano tre aree principali. La prima, focalizzata sulla scrittura giapponese e la relazione di questa con la natura, è molto minimale ma d’effetto. La seconda sala è qualcosa di spettacolare: un campo di foglie di loto luminose circondato da specchi ed ologrammi dove, tramite un immenso display, si spiegano origini ed evoluzoine dell’agricoltura Giapponese, un’esperienza emozionante e coinvolgente. A seguire alcune sale delle quali non voglio svelare troppo, conducono ad una sala più grande dove quattro enormi mappamondi interattivi spiegano la situazione mondiale in termini di clima, ripartizione del cibo, condizioni economiche e soluzioni possibili, mentre sul maxischermo un filmato adatto anche ai bambini spiega come sia fondamentale nutrirsi in modo corretto ed evitare gli sprechi. Infine, al piano superiore, ci si prepara ad accedere al Ristorante del Futuro, la vera attrazione di questo padiglione e, forse, di tutta l’esposizione. Ci si siede appunto in un ristorante supertecnologico, all’intenro del quale i camerieri si muovono su mezzi di trasporto futuristici ma reali, mentre sul proprio tavolo, al posto del cibo, ciascuno ha un piatto virtuale visualizzato in un touch screen e da gestire con vere bacchette di legno: si può scegliere il proprio menu, conoscere le mille combinazioni possibili di cibo in base alle stagioni e trasportare le immagini dalle ciotoline laterali al piatto centrale per approfondire ogni pietanza, il tutto mentre due animatori cantano e ballano in un clima così travolgente che è impossibile non restare a bocca aperta.

slovakia3. Slovacchia: uno dei numerosi padiglioni fuori tema, a mio avviso. E’ molto piccolo e decorato con strumenti musicali ed artigianato tipico, sembra che la sola cosa che interessi sia promuovere il turismo in questo paese, ma del tema fondamentale nessuna traccia

Russia4. Russia: esteriormente imponente, all’interno è piuttosto spoglio e privo di attrattiva.

Estonia5. Estonia: una galleria di immagini di questo meraviglioso paese, ma nulla che proponga soluzioni o impegno per la nutrizione mondiale

Oman6. Oman: Molto bello, soprattutto esteriormente, dove complice il gran caldo si ha veramente la sensazione di trovarsi in questo paese mediorientale, ma all’interno è piuttosto povero. Tuttavia, è molto interessante la spiegazione della barriera artificaiale sottomarina installata al largo della costa tramite enormi campane traforate di cui è presente un campione, per risolvere il fenomeno dell’erosione e creare un habitat naturale alla fauna marina, opera che sembra avere ben cinquecento anni. Sul retro un enorme ristorante tipico dai prezzi medi.

indonesia7. Indonesia: Esteriormente incantevole, all’interno è un po’ povero di originalità. Lo abbiamo scelto per pranzare: una porzione di Goreng misti a soli 10 Euro

Turkmenistan8. Turkmenistan: Un contenitore. Bello e trionfale, ma praticamente vuoto

qatar9. Qatar: Architettura impeccabile ed importante,  all’interno colpisce soprattutto il progetto di rinverdimento del deserto

morocco10. Marocco: suddiviso in quattro settori, mostra il Paese da Nord a Sud illustrando molto bene colture e culture delle quattro macro aree del Paese: la costa Atlantica, l’Atlante, la zona centrale ed il grande sud che, manco a dirlo, per loro è da intendersi comprensivo dei territori del Sahara Occidentale.

Usa11. Stati Uniti d’America: terribile, probabilmente il più brutto di tutto l’Expo, in proporzione all’importanza del paese. Tronfio ed imponente, all’interno non ha niente. Veramente niente. Non si può dire che sia fuori tema, in quanto non ne affronta alcuno. Salita un’immensa scalinata, ci si trova davanti a Barak Obama che discorre su inutili ovvietà, e qualche pannello informativo circa le dighe realizzate nel territorio, nessuna menzione sul fatto che tali dighe hanno causato un danno ambientale irreparabile, causato l’estinzione di diverse specie animali e compromesso irrimediabilmente molti territori dei nativi americani. Alla vuotezza di tutto ciò, si aggiunge un bar dove si serve il famoso “California Spritz”. Ma non era stato inventato in Veneto? Imbarazzante.

Kuwait12. Kuwait: Mi ha molto impressionato per la spiegazione, completa di plastico, di alcune macrofattorie riealizzate nel paese, e del processo della rigenerazione dal deserto. Il padiglione esteriormente è molto bello. Ad attrarre l’occhio è una  cascata che funziona da sipario, e sulla quale, con getti d’acqua sovrapposti ad arte a quello principale, compaiono alcune scritte in inglese ed arabo.

Ecuador13. Ecuador: Si entra a gruppi e, con una visita guidata, si scoprono le quattro regioni in cui è stato suddiviso il paese: la Costa Atlantica, le Ande, l’Amazzonia e le Galàpagos. Si apprende che è qui che si ha la maggior biodiversità al mondo e si conoscono i prodotti anche grazie a colonnine tramite le quali è possibile odorare tonno, gamberi, cacao, rose ed altre tipicità. Sicuramente, invita alla visita ed è perfettamente allineato al tema principale di Expo, facendo leva sul raggiungimento della quasi totalità di energia pulita derivante dalle centrali idroelettriche, ben il 93%.

Slovenia14. Slovenia: Padiglione delizioso come ci si aspetta da questo splendido territorio nostro vicino di casa. Si scoprono sale minerale, sul quale è possibile camminare scalzi, miele, energia eolica ed acque sia minerali che termali.

Austria15. Austria: L’Austria ha ricreato una foresta tipica tirolese, completa di umidità, sottobosco e temperatura fresca! Un vero refrigerio girare per questo bosco che risulta molto verosimile ed affascinante.

Cile16. Cile: L’affascinante Cile punta soprattutto sui prodotti della regione centrale, in particolare vino e pesce, mostrando in una serie di video proiezioni di tutte le fasce climatiche di un territorio lungo oltre quattromila chilometri.

Turchia17. Turchia: Interamente all’aperto, offre frutta secca gratuita ed una bella scenografia tipica, ma assolutamente niente circa il tema fondamentale

swiss18. Svizzera: Esteriormente spoglio e brutto, questo padiglione fonda il suo tema sul consumo responsabile, con la domanda “Ce n’è per tutti?”. Ha quattro torri riempite rispettivamente con caffè, sale minerale, acqua e mele disidratate. Ciascuno, una volta salito, è libero di prendere prendere quanto vuole di ciò che vuole, senza limite, la sfida è che la responsabilità sia maggiore dell’avidità e che le torri, i cui scaffali scompaiono e si schiacciano man mano che vengono svuotati riescano a non scomparire prima del termine dell’esposzione. Al piano terra, una mostra su Zurigo: probabilmente la cosa più brutta vista ad Expo: una galleria di foto tutte brutte uguali, alternate a sculture fatte con bottiglie di vetro vuote di dubbio gusto.

Italia19. Italia: Il palazzo Italia è immenso e la lunga coda, di quasi un’ora, è stata probabilmente la più grande perdita di tempo della giornata. La desolazione delle stanze e la pochezza di contenuti ci ha lasciati profondamente delusi e negativamente impressionati. Come prevedibile, si assiste alla solita fotogallery sulle bellezze architettoniche del nostro Paese, seguita da quelle artistiche e via e via le solite cose note a tutti, ridondanti e fuoriluogo, senza il minimo riferimento alla nutrizione. Originale la stanza che immagina un mondo senza Italia, e quindi senza le nostre invenzioni e realizzazioni: divertente, ma un pochino arrogante.

Francia20. Francia: Un’unica sala espositiva in un padiglione tutto sommato molto bello al quale si accede attraverso un orto incredibilmente rigoglioso di prodotti tipici. All’interno, un’accozzaglia di elementi artigianali impossibile da focalizzare, che sono esposti fin sopra alle pareti. Nessuna traccia del tema principale.

Olanda21. Olanda: Padiglione decisamente fuori dal coro: sembra di essere in un circo, o in una festa anni settanta. Accompagnati da una musica dance, si percorre questo spazio all’aperto fra roulottes e furgoncini che vendono ogni sorta di leccòrnia tipica, per poi raggiungere un labirinto di specchi ed una ruota panoramica

Spagna22. Spagna: Grafica accattivante e percorso interessante per questo padiglione che spiega le ricette tramite fornelli interattivi e focalizza l’attenzione sulle ricchezze del territorio che, a quanto pare, ha la più ampia biodiversità d’Europa.

iran23 Iran: piuttosto anonimo: si attraversa una sorta di orto all’aperto per poi ritrovarsi all’interno di un mercato tradizionale iraniano con prodotti tipici artigianali. Tema principale non affrontato.

Azerbaijan24. Azerbaijan: Un piccolo padiglione molto ben organizzato e gestito, disposto su tre livelli fra i quali sono incastonate altrettante sfere di vetro contenenti un bosco, una visita virtuale di Baku ed un’esperienza interattiva della cucina locale. Nelle sale, prati di fiori luminosi e sonori che si illuminano e suonano se sfiorati: di grande effetto.

cina25. Cina: Un’imponente struttura in legno che ricorda un’abitazione tipica delle zone dell’entroterra, ospita al suo interno alcune sale che spiegano il rapporto ancestrale fra uomo e cibo e come nei secoli l’uomo abbia modificato il territorio a suo piacimento, contribuendo allo stesso tempo a conservare, proteggere e migliorare il clima. Viene spiegato come le risaie, principale ricchezza del territorio, contribuiscano all’ambiente creando ossigeno ed umidità fondamentali alla vita.

Corea26. Corea: un bianchissimo ed immenso padiglione, futuristico e tecnologico, che fonda il suo tema principale sulla corretta alimentazione: In un percorso che spiega i danni dell’obesità e dello spreco alimentare, propone in un video dinamico e robotozzato la ricetta per la corretta alimentazione. Quale? Mangiare coreano, ovviamente!

thailand27. Tailandia: Avevo grandi aspettative da questo padiglione che, esteriormente, ha la forma di un cappello tradizionale. All’interno, una proiezione video a 360°C di poco impatto e poco interesse, seguita da un filmato in tipico stile reverenziale Tailandese nel quale si imperversa per quasi dieci minuti sulla magnanimità, l’altruismo ed il genio innovativo del loro Re, attribuendo qualsiasi successo tecnologico ed ecologico tailandese solo ed unicamente all’amato sovrano. Purtroppo, nessun ristorante Tailandese all’interno, ma uno shop di cibi in scatola precotti da poter riscaldare al microonde e mangiare sul posto. Una grave mancanza per quella che è, a mio avviso, una delle cucine migliori al mondo.

malesia28. Malesia: Il padiglione ha la forma di tre enormi semi in legno e vetro all’interno dei quali si incontrano, rispettivamente, un video sul territorio un po’ noioso, una ricostruzione della foresta pluviale piuttosto cheap, ed infine una sala esplicativa dei principali prodotti. E’ interessante l’approfondimento sull’albero della gomma e sull’olio di palma, del quale vengono elencate le innumerevoli proprietà ma in relazione al quale si sorvola completamente circa il problema della deforestazione che sta causando l’estinzione degli oranghi. Una mancanza pesante e quasi fastidiosa, che visto il tema di grande attualità, avrebbe dovuto essere supervisionata, smussata e sfruttata allo scopo di puntare un faro su questo gravissimo problema.

Angola29. Angola: E’ lo stato Africano con il padiglione più grande ed imponente. Meravigliosamente strutturato e colorato all’esterno, ha al suo interno una spirale infinita che porta a salire svariati piani, circa cinque, dove vengono spiegati prodotti agricoli ed industriali del territorio angolano, un paese in rapidissimo sviluppo. Gunti sulla sommità, dalla quale si gode di uno splendido panorama, si ha la possibilità di accedere al ristorante tipico, ad una mostra artistica temporanea, o ridiscendere verso l’uscita.

Vietnam30. Vietnam: Riproduce esteriormente una foresta, con i suoi alberi altissimi in legno a sostegno del padiglione. Internamente, tuttavia, non ha nulla di interessante

UK31. Regno Unito: Chi avrebbe mai pensato che gli inglesi avrebbero avuto così poco interesse per l’Expo? Uno padiglione spaventosamente vuoto, contenente una sorta di prato, bruttino ed incolto, nel quale si cammina ascoltando il suono dei grilli provenienti da altoparlanti piantati nell’erba. Stop. Niente di niente, eccetto un bar peraltro molto triste e vuoto.

nepal32. Nepal: Il padiglione, costruito per ultimo ed a tempo di record in seguito allo spaventoso terremoto di qualche mese fa, è bellissimo esteriormente, e mi commuovo al pensiero che la mia amata Durbar Square di Kathmandu, di cui è presente una fedele ricostruzione, non esista più. C’è molta malinconia ed ossequioso silenzio in questo luogo, dove la visita è accompagnata dal suono ininterrotto delle preghiere dei monaci buddhisti in sottofondo.

messico33. Messico: Allegro e giocoso come ci si aspetterebbe, è molto scarno nella sua parte espositiva, e molto frizzante nella sua parte ristorativa.

Grandi assenti: i paesi Scandinavi tutti e l’Australia. Qualcuno conosce il perché?

AlberoAlbero della Vita: Una struttura immensa a forma di albero, realizzato sollevando idealmente la planimetria di Piazza del Campidoglio di Roma. Molto suggestivo, l’albero è circondato da fontane e getti d’acqua che si muovono a tempo di musica. Al calar del sole, lo spettacolo si arricchisce di una scenografia luminosa spettacolare che comprende anche alcuni fuochi artificiali e la fioritura dell’albero stesso. Imperdibile.

In conclusone, penso che Expo Milano 2015 sia assolutamente da vedere, comunque si decida di impostare la propria visita. Sia che il proprio interesse sia rivolto alla cucina internazionale, all’ecologia o semplicemente alla voglia di viaggiare in luoghi che mai riusciremo a vedere davvero, la visita è ben ripagata. Non c’è luogo al mondo che vorrei non visitare, potessi spenderei il resto dei miei giorni esplorando ogni angolo del pianeta. Come sappiamo, una vita non basta, approfittare di questo evento è fondamentale a mio avviso, anche se adesso mi ritrovo con l’ansia ed il desiderio di partire al più presto possibile, destinazione Mondo!

Italia

Sei in un Paese Meraviglioso!

sei un paeseLo ripeto continuamente, e chi mi conosce lo sa bene: le carte geografiche mi attraggono e non mi stancano mai, ed è proprio grazie a questo che, ultmamente, ho subito il fascino delle nuove installazioni comparse negli Autogrill di Autostrade per l’Italia: cartografie enormi e molto chiare dell’area intorno al luogo in cui ci si trova e con le indicazioni per raggiungere dalla posizione corrente tutte le principali località turistiche della zona. Una iniziativa lodevole, dal titolo importante e tronfio ma decisamente adeguato e veritiero: “Sei in un Paese Meraviglioso! Scoprilo con noi!” (noi di Autostrade, ndr).

In effetti, la grande maggioranza delle località turistiche, note e meno note, è accessibilie sopratutto grazie alla nostra rete autostradale, una rete pionieristica negli anni 60-70 ma che, nonostante l’amore per la polemica che ci contraddistingue, si difende molto bene ancora oggi per manutenzione ed avanguardia. Ho viaggiato molto in auto, in Europa, Asia ed America, e proprio per questo amo particolarmente le nostre autostrade dalla cartellonistica quasi unica. Basta infatti andare nella vicina Francia, ad esempio, per notare la differenza: qualche cartello riepilogativo delle distanze di alcune delle principali località e nient’altro, in corrispondenza degli svincoli, ci si deve accontentare della sola parola “Sortie”, senza nemmeno un nome di città. Percorrendo le nostre autostrade, invece, incontriamo un cartello ad ogni chilometro che annuncia le uscite successive e le aree di sosta, eredità riadattata e ancora funzionale delle pietre miliari romane, avvicinandoci ad ogni uscita, troviamo una serie di cartelli riepilogativi delle località servite dallo svincolo, ed infine, il nome dello svincolo stesso che prende nome dalla città più importante e vicina che si può raggiungere uscendo. A tutto questo, si aggiungono nomi di viadotti e gallerie, display luminosi ed i pannelli marroni turistici, nati a fine anni ’90. Sembra molto scontato, ma siamo praticamente i soli a possedere una così ampia gamma di informazioni durante il viaggio. 

Questa nuova iniziativa, non si limita ai soli pannelli ed alla cartografia, ma viene accompagnata da una serie di documentari in onda su Sky Arte HD che presentano molte delle località servite da Autostrade per l’Italia, una promozione turistica efficace ed immediata che, per quanto mi riguarda, invita alla scoperta ed al viaggio. Dal sito di Autostrade per l’Italia è possibile visualizzare tutte le cartografie installate, con le relative schede descrittive complete di cucina locale, borghi, percorsi e molto altro. Il turista che decidesse di percorrere il nostro Paese in Auto, avrà così l’imbarazzo della scelta: basta una sosta caffè ed ecco tutte le notizie sul territorio, ovviamente, anche in Inglese.

Tutte le informazioni sono reperibili al seguente link, buon viaggio a tutti, nel nostro Paese veramente meraviglioso, e come dice Cremonini nella sua canzone, così appropriata a questo articolo, “e per quanta strada ancora c’è da fare… Amerai il finale!”

http://www.autostrade.it/sei-in-un-paese-meraviglioso/

Italia

Etna days: quando l’anno nuovo inizia col botto.

Lo ammetto, mai avrei pensato o scelto di andare in Sicilia in pieno inverno. Non fosse stato perché quello su Catania era il solo volo abbordabile probabilmente avrei trascorso i primi giorni del 2015 in qualche capitale Europea. Ne ho avuto la riprova continuamente e continuamente dimentico che le scelte più casuali sono le più cariche di sorprese, perciò viva il caso e viva la Sicilia! Appartamento in affitto più che perfetto, brigata da quattro bischeri al primo test pienamente riuscito, luoghi incantevoli. Avevo deciso di impegnarmi al massimo per contenere la mia frenesia; mi sarei concentrato il più possibile sull’ascoltare, il rilassarmi e l’accontentarmi, mettendo da parte la mia instancabile foga di vedere e fare. Sì, avevo deciso che stavolta avrei visto e fatto solo ciò che capitava, senza forzare, per godere il più possibile della compagnia degli altri e del riposo mentale. Ebbene, non ho dovuto fare il minimo sforzo al riguardo: in mio aiuto è arrivata una bella botta di influenza con febbre e mal di gola che mi ha obbligato al freno a mano forzato. Ciò nonostante, oltre alla bella Catania, che abbiamo passeggiato e degustato facendo riecheggiare le nostre risate sulle pareti grigio cenere, siamo riusciti a raggiungere Ortigia, centro storico di Siracusa, e persino le pendici dell’Etna, dove con immenso stupore di tutti ci siamo trovati a scalare la colata lavica del 1992 in barba a freddo, neve e, appunto, febbre. Quattro giorni sereni, di vero stacco, di vero divertimento, accompagnati dalla notoria cortesia e collaborazione di vari personaggi locali fra i quali i nostri padroni di casa, negozianti di intimo ultra ottantenni, anziani beati a passeggio nelle proprie ciabatte, ristoratori dai modi materni, un prete zaino in spalla preso dal volantinaggio, commessi ed artisti dall’instancabile voglia di raccontarsi ed una colonna sonora che fa già parte dei suoni del luogo. La felicità.

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Italia, Trekking, Veneto, Viaggi

La Lunga Via delle Dolomiti

Una Domenica perfetta come non ne capitavano da settimane, in questa estate piovosa e particolarmente mite. Da mesi avevo letto a proposito di questo percorso, da molti considerato fra i più belli al mondo, e finalmente ho avuto modo di verificarne di persona la bellezza straordinaria. La Lunga Via Delle Dolomiti è una ciclabile che segue il percorso di un’antica ferrovia dismessa nel 1964 e che collegava Dobbiaco in Alto Adige con Calalzo di Cadore in Veneto passando per il passo di Cimabanche, confine fra le due regioni, ad una altitudine di 1529m s.l.m.  E’ possibile raggiungere Calalzo di Cadore in treno, sebbene ad oggi il servizio di trasporto bici su treno da Belluno sia incredibilmente soppresso. Noi, in due, siamo arrivati in auto dopo aver prenotato telefonicamente il Bike n’Bus, servizio di trasporto con bici al seguito che copre tutto il percorso. Chi sceglie di percorrere la tratta Calalzo-Cimabanche in salita, troverà già ad inizio pista un servizio di Bike Service con noleggio e riparazione aperto dalle 8:00. Noi, non molto allenati, abbiamo programmato di percorrere la pista in discesa. La corsa mattutina parte dalla stazione del treno alle 8:50 e ragiunge Cimabanche alle 10:10 e Dobbiaco alle 10:30. Partire da Dobbiaco significa affrontare un dislivello di 350m appena partiti, ragione per cui abbiamo scelto il valico come partenza.

Raggiunto il passo di Cimabanche, siamo partiti immediatamente  verso Cortina d’Ampezzo. Il percorso si addentra subito in un bosco di altissime conifere e si pedala su un fondo di ghiaia pressata costeggiando un torrente che dopo 2km si apre nel Lago Nero. Si scende agevolmente, con una lieve pendenza, raggiungendo in breve la chiesetta dei Santi Biagio e Nicolò di Ospitale, dove sono presenti affreschi del 1200. Il torrente alla nostra sinistra precipita in una profonda gola che superiamo con un ponte e che ci porta sul tratto che fiancheggia il monte Pomagagnon. La vista si apre sull’intera vallata e si ammirano le vette Croda Da Lago, Cinque Torri e Tofane, mentre, superati due tunnel, si raggiunge Fiames e la prima delle numerose stazioni dismesse dallo stile inconfondibile e fiabesco. Poco prima di entrare a Cortina d’Ampezzo, la pista diventa asfaltata e fiancheggiata dal praterie verdissime e perfette. Decidiamo di fermarci per il pranzo al sacco su una panchina dal panorama mozzafiato, prima di parcheggiare le bici e concederci una visita di Cortina. Lasciato il famoso centro turistico, la pista, ancora asfaltata, si dirige verso San Vito di Cadore, allontanandosi più volte dalla Statale 52 prima di ritornare sterrata. Sulla destra appare l’imponente monte Pelmo, o Trono di Dio, e sulla sinistra si è sovrastati dall’Antelao, vetta più alta delle Dolomiti Bellunesi. Superato l’abitato di Vodo di Cadore, il percorso diminuisce la pendenza e si incontra qualche trascurabile salita. Seguono Borca di Cadore, Venas di Cadore, Valle di Cadore, Tai di Cadore e Pieve di Cadore, prima di raggiungere il luogo di partenza, posto a 741m s.l.m.

E’ in fase di completamento il tratto Calalzo di Cadore – Belluno, che andrà a chiudere un percorso straordinario che permetterà di andare da Lienz, in Austria, fino a Venezia e Rovigo su pista ciclabile e che fa del Veneto una regione dal record ineguagliato in quanto a chilometri di Piste Ciclabili. Tutte le informazioni sul sito ciclabiledolomiti.com.

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Cucina, Italia, Mondo, Viaggi

Mercato Centrale, Firenze

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Durante i miei viaggi ho finito spesso per andare alla ricerca di una food court, un luogo cioè con un’ampia scelta di chioschi e ristoranti che permette in poco tempo di mangiare bene e sedersi insieme ai propri compagni pur scegliendo pasti differenti. Ricordo le food court di Pier 17 a New York, la scenografica distesa di tavolini al Bayside di Miami, Kungshallen a Stoccolma, il caotico Camden Town a Londra e quelle presenti nei modernissimi mall di Bangkok e Pechino. Tutte però, con il comune denominatore multietnico: luoghi come gli Stati Uniti infatti, dove la cucina locale ha una tradizione praticamente inesistente, non possono fare altro che offrire una scelta di pietanze provenienti da tutto il mondo: sushi espresso, pizzeria, self service cinese, burritos messicani, paella spagnola e così via. A Firenze, invece, oggi c’è di più. Al Mercato Centrale di San Lorenzo, struttura restaurata e dalla scenografia senza paragoni, il piano superiore è stato completamente rinnovato ed allestito con un luogo votato al convivio, dove all’insegna di un design modernissimo che non entra in conflitto con la struttura storica, è possibile sedersi a mangiare prelibatezze di innumerevole varietà, tutte però rigorosamente locali e dalla qualità garantita. Gli arredi in legno ed acciaio e la divisa comune a tutto il personale affidano il compito della diversificazione al cibo stesso, che sostiene egregiamente il compito di stuzzicare l’occhio ed umettare il palato. Dalla pasta fresca alla carne, dal pesce ai formaggi, dal gelato artigianale alla birreria, tutto appare perfetto, soprattutto al turista che può finalmente fuggire, con una spesa contenuta, alle piramidi di gelato di polistirolo e cataste di pizze al taglio di spugna traboccanti dalle vetrine del centro storico che da decenni consegnano al mondo un immagine distorta della cucina locale. Io, mi sono lasciato incantare dalla preparazione del panino al lampredotto, anima di Firenze, qui preparato seguendo tutte le tradizionali accortezze del caso, compreso il bagno del pane nel brodo. A completare il tutto, una scuola di cucina che, a giudicare dall’aspetto professionale delle attrezzature e degli insegnanti, sembra perfetta.

Italia, Toscana, Viaggi

Villa la Màgia, Quarrata

20140703-174553-63953618.jpgVilla la Màgia, l’accento è d’obbligo, è un vero gioiello! Una scoperta casuale e sorprendente, un luogo rimastomi incredibilmente sconosciuto fino a pochi giorni fa nonostante la vicinanza e l’importanza. In posizione dominante sull’unica collina esistente attorno a Quarrata (Pistoia), a parte il Montalbano, questa villa ha fatto parte del Barco Reale insieme alle ville Medicee di Artimino e Poggio a Caiano, vale a dire della zona di caccia della Famiglia Medici e dei loro ospiti. Sviluppatasi da una modesta casa-torre e via via ingrandita, oggi questa villa è Patrimonio dell’Umanità UNESCO insieme ad altre 10 ville Medicee in Toscana. Ma tutto questo potrete trovarlo facilmente su Wikipedia.20140703-174556-63956336.jpg Quello che non troverete online è la sorprendente ed affascinante quantità di aneddoti e curiosità, sparsi nel giardino e negli interni,  che la visita guidata tenuta dallo Storico dell’Arte Daniele Franchi ci ha fatto conoscere e rivivere. La villa infatti è di proprietà del Comune da poco più di un decennio, e fino a qualche anno fa ha ospitato diversi artisti contemporanei che hanno tenuto qui le loro mostre ed hanno lasciato più di una traccia sotto forma di oggetti, opere, installazioni e memorie sparse 20140703-174558-63958648.jpgovunque, e che sono ormai una componente fondamentale di questo luogo. Non starò qui a svelare la successione di bizzarri manufatti che si confondono con la vegetazione e le strutture, vorrei invece consigliare una visita dal vivo, sicuro del potere magnetico che subirete da tutto ciò. Troverete tutte le info sul sito ufficiale: http://www.villalamagia.com

Italia, Viaggi

Pompei, Ercolano (e Napoli)

10013948_10152057555383867_382478685_nHo ricevuto un coupon per una notte in B&B e per un anno è stato impossibile utilizzarlo, finché, con Nicola, abbiamo deciso di sfruttarlo per andare a visitare Pompei. A parte le notizie sui crolli e la ridicola recente trasposizione cinematografica per mano dei soliti americani, è un sito di cui si sente parlare molto poco e quindi, prima di partire, ci siamo dati alla lettura sfrenata di documenti e testi al riguardo, per essere in qualche modo preparati. Il sito è immenso, non si riesce a capire la dimensione reale di questa città perduta finché non la si visita, basti pensare che la cinta muraria misura oltre 4km, quanto le mura di Lucca. Di mondo ne ho girato un bel po’ ormai, ma avere i brividi e la pelle d’oca mi è capitato di rado. Aggirarsi fra le case, i negozi, i templi ed i teatri di questa città è un’esperienza mistica, sconvolgente, soprattutto se si lancia ogni tanto uno sguardo al Vesuvio che, vicinissimo, osserva il visitatore come a dire “guarda che cosa ho fatto, attento: posso farlo ancora”. Il colore vivido degli affreschi e degli intonaci, la minuzia dei mosaici ed i livello evolutissimo della struttura urbanistica hanno superato quasi duemila anni in condizioni di straordinaria conservazione. Questo luogo è unico nel suo genere, non esiste al mondo un posto uguale o paragonabile, il valore è inestimabile, eppure le condizioni di gestione sono agghiaccianti. All’ingresso viene fornita una mappa cartacea, graficamente molto ben fatta, ma veramente scomoda ed affatto intuitiva da utilizzare: gli edifici principali sono numerati sulla mappa, ma sul retro sono elencati in ordine sparso, molti numeri non corrispondono ad alcun rimando nella legenda. Non ci sono pannelli informativi, descrizioni, spiegazioni. Se non si è letto qualcosa o non ci si è muniti di una guida autonomamente o di una App per smartphone, si rimane imbambolati senza sapere cosa si sta osservando in realtà. La sorveglianza è praticamente nulla: è possibile camminare su mosaici straordinari, toccare o addirittura scalfire un affresco senza che nessuno se ne accorga e infatti molte pareti sono ricoperte dalle solite scritte e scarabocchi graffiati da decenni di turismo selvaggio (consola solo in parte leggere anche nomi di visitatori stranieri fra i delinquenti). In più, molte fessure e crepe nei muri sono utilizzate come svuota tasche per confezioni di merendine e snack. Infine, sul sito sono presenti gruppi di cani randagi, la maggior parte dei quali, vecchi o  malati, giacciono per le strade acciottolate. L’iniziativa di microchipparli tutti e darli in adozione, operata a partire dal 2009 al costo fantascientifico di 100mila euro, è miseramente fallita: i cani microchippati sono stati appena 55, quelli adottati solo 26, e la popolazione canina è triplicata perché il tutto ha fornito lo spunto per nuovi abbandoni.  Nella Via dell’Abbondanza è stato fatto un tentativo di affissione di pannelli illustrativi, ma quelli presenti sono scoloriti dal tempo e la plastica che li contiene è così vecchia e opaca che non si riesce a leggervi attraverso. Proprio in questa zona, dopo quasi tre ore di cammino, abbiamo finalmente trovato i sorveglianti: raggruppati assieme in conversazioni calcistiche nel tentativo di ingannare la noia. Il paragone valore/tutela è indecente. L’urgenza è massima.

L’indomani mattina, ancora affascinati da Pompei, abbiamo deciso di andare anche ad Ercolano. Tutti dovrebbero visitare Ercolano, se avessi un figlio sarebbe probabilmente il primo sito archeologico che vorrei mostrargli. Diversamente da Pompei, è molto piccola e concentrata, ma “grazie” alla sua fine improvvisa ed immediata, travolta da un’ondata rovente praticamente subito dopo l’eruzione, è rimasta integra in modo straordinario. Le abitazioni conservano ancora i soffitti, persino il legno delle travi e delle porte è ancora presente, carbonizzato. Qui si è conservata infatti anche la componente organica, restituendo pietanze, animali, persone e persino frutta e radici che ci permettono di sapere praticamente tutto di quella gente, anche la disposizione originale degli ortaggi nei campi o la loro dieta. Ercolano è molto più pulita, probabilmente perché più gestibile e con una mole di turisti inferiore. Abbiamo avuto la fortuna di conversare con un sorvegliante, un signore prossimo alla pensione che lavora qui da oltre trent’anni e che in poche frasi ci ha fatto capire il suo amore assoluto per questo luogo e la sua devozione alla propria mansione.  Rientro da questa esperienza con una soddisfazione immensa, la curiosità di approfondire ancora l’argomento e la voglia di ritornare.

Il pomeriggio lo abbiamo dedicato alla nostra prima visita di Napoli, una visita in stile quasi “giapponese” tanto siamo riusciti a fare in poco tempo: Spaccanapoli, il Cristo Velato, Piazza del Gesù, la Funicolare fino al Vomero ed il panorama sul golfo, Via Toledo, Piazza Plebiscito, il Maschio Angioino, la Galleria Umberto I. Ebbene, esistono diverse bellezze in questa città, ma purtroppo, e mi spiace dirlo ma devo aggiungere “come mi aspettavo”, è molto faticoso riuscire a focalizzare l’attenzione su un monumento o su un edificio quando tutto intorno regnano degrado assoluto e sporcizia. Forse qualcuno può riuscire ad incantarsi davanti ad un meraviglioso palazzo ignorando i cassonetti traboccanti e le cartacce che turbinano in strada, io purtroppo non ne sono capace e la mia attenzione è stata distratta per tutto il tempo dall’indecente e fastidiosa mancanza di decoro e civiltà, quindi non porto con me un bel ricordo di Napoli né il desiderio di tornare. Aggiungo tuttavia quella che è stata la sensazione principale: mi è parso evidente che da queste parti viene data pochissima importanza all’aspetto fisico, alla moda o all’estrazione sociale delle persone e questo lo trovo un valore aggiunto molto positivo, una capacità di guardare dietro la copertina del prossimo ed una invidiabile mancanza di complessi esistenziali che invece sembrano essere una condanna irreparabile dalle mie parti.

Italia, Viaggi

Il Volo dell’Angelo

Pietrapertosa e Castelmezzano sono due incantevoli borghi collocati immediatamente al di sotto delle guglie delle dolomiti Lucane, in provincia di Potenza, Basilicata. Cinque anni fa, qualcuno ha avuto l’originale idea di installare il Volo dell’Angelo, un’esperienza unica in Italia, che permette di andare da un lato all’altro della valle per mezzo di un cavo ibrandosi nel vuoto a mo’ di Superman. Questa attrazione ha dato nuova vita ai due borghi richiamando intrepidi da ogni parte d’Italia e d’Europa, me compreso. La traversata da Pietrapertosa a Castelmezzano è di circa un chilometro e richiede poco più di un minuto: una volta agganciati alla carrucola, viene avvisata la stazione di arrivo e si viene sganciati dal moschettone di ancoraggio. La traversata di ritorno è di circa 300metri più lunga ma richiede lo stesso tempo poichè la velocità acquisita è maggiore e permette di raggiungere i 120 km/h. Ed ora, ecco il mio Volo dell’Angelo.