Ho l’abbonamento Sky, a casa. Sono un abbonato. Sono un abbonato costretto, poiché non ho l’antenna tradizionale e non posso guardare il digitale terrestre. Un alibi favoloso il primo anno, una scusa divertente il secondo anno, una condanna dopo cinque anni. Non ne posso più. E’ vero, seguo alcune trasmissioni assiduamente, in certi periodi dell’anno: X-Factor, Masterchef, Cucine da Incubo, moltissimi documentari di National Geographic… ma a parte questo, mi domando, chi sono gli utenti delle altre innumerevoli trasmissioni disgustose made in America che riempiono a tutte le ore fiumi di canali? L’elenco è così grande che non saprei da dove cominciare. Vogliamo parlare dei Reality? Ce ne sono sugli obesi, sulle coppie in crisi, su maniaci depressivi, su deformità disgustose e inenarrabili, su hobbies discutibili. E ancora, reality su chi voglia diventare modella, cantante, tatuatore, cuoco, chef, impresario, drag queen. Reality in versione baby, in cui l’orrore cresce, con bambini rovinati per sempre infilati in concorsi di bellezza feroci e che trangugiano energetici per esibirsi al meglio. Reality su rigattieri e accattoni, su meccanici e riparatori, su psicopatici eroicizzati… Gente che apre la propria casa a due vecchiette esperte di pulizie mostrando il lerciume nel quale vive al mondo intero, altri che si siedono davanti alla telecamera per farci vedere l’enorme ciste che penzola dall’interno coscia. E questo è più o meno il palinsesto dei canali definiti “intrattenimento”. Vogliamo parlare dei documentari? Nel giro di un mese, al ritmo di due-tre documentari la settimana, ho già esaurito le varietà di argomenti presentata dai canali che vanno dal 400 in poi. Incappo trenta volte al mese nel documentario sulla torre di Dubai, venti volte sul documentario del mistero delle piramidi Maya, eroi del ghiaccio, eroi del bronzo, eroi dello zolfo, un documentario sulla vita del Fuhrer che va ormai in loop da anni, un tizio che passeggia da almeno un lustro per le Dolomiti e che ogni volta trovo sulle tre cime di Lavaredo a mangiare polenta e funghi, e via e via ricominciano tutti, ancora e ancora, giorno e notte sempre la stessa… polenta! Vogliamo parlare dei documentari sull’Italia o sull’Europa prodotti in America e pieni di strafalcioni e ovvietà? Ah, aspetta! E’ arrivato On-Demand! Mi son detto, vedrai che c’è un sacco di bella roba che non hai mai visto perché magari sei a lavoro, ci saranno ore ed ore di programmi meravigliosi! No. Non è così. Per uno come me che non ama il crimine, neppure nella versione epica delle decine e decine di serie tv fatte di spari e inseguimenti, di storie d’amore fra commissari e medici legali, di processi in tribunale con monologhi improbabili, non c’è molto da fare: è ancora, pure qua, sempre la solita zuppa. La disperazione regna. E così, nove su dieci, finisco per guardare un film scaricato online, una vecchio DVD, oppure, niente.
Sotto Natale, magia! Tutto quanto sopra è esattamente identico, ma con il tema natalizio: modelle vestite da babbi natali, obesi infiocchettati ai quali viene concessa una cup-cake dal colore del veleno per topi, cani col cappello da renna e i campanelli che si recano in negozi apposta per loro a comprare maglie di cachemire, documentaristi che spiegano l’origine del pungitopo, chef che si affannano a fare biscotti allo zenzero o panettoni dei quali nessuno di noi potrà mai conoscere l’esito, e così via.
Io, giuro, non ne posso più. Più più più più.
Unica consolazione: la tv in chiaro è persino peggio.