Italia, Mondo, Varie

Expo 2015, la mia visita

Prima della mia visita ad Expo, ho passato in rassegna il web per preparare al meglio l’itinerario e devo dire che questo mi ha generato parecchie preoccupazioni. Sulla base di quanto letto su blog e quotidiani, sono partito con la convinzione di trascorrere una giornata in coda durante la quale sarei riuscito a visitare al massimo sei/otto padiglioni e rassegnato al fatto di dover mangiare in un baracchino da strada per evitare i folli prezzi dei ristoranti a tema. Che sia stata fortuna, caso o addirittura merito nostro, tutto questo si è rivelato sbagliato. Ho visitato trentatré padiglioni con due sole code degne di nota, entrambe inferiori ai quarantacinque minuti. Ecco quindi un dettagliato racconto di questa giornata particolare, allo scopo di incoraggiare e invogliare chiunque si fosse lasciato convincere a lasciar perdere.

La nostra giornata è iniziata molto presto, partenza in auto da Firenze alle 5:30 ed arrivo al parcheggio P4 alle 9:00, prenotato rigorosamente online sul sito apposito (link: Arriva Expo Parking). I nostri biglietti, a data aperta e ricevuti in regalo per il mio compleanno, sono stati associati alla data della visita sul sito ufficiale di Expo (link: Gestisci i tuoi biglietti). Raggiunto il varco, ci mettiamo in coda per il check-in al metal detector con sole due persone davanti a noi e per le 10:00, orario di apertura, siamo già dentro all’esposizione dall’ingresso est, il principale. Il viale centrale, lunghissimo ed al coperto per tutta la sua lunghezza (circa un chilometro e mezzo!), si chiama Decumano, come la via principale delle antiche città romane, ed è quindi tutto in ombra. Decidiamo di percorrerlo tutto subito, per raggiungere il padiglione del Giappone, situato quasi in fondo, dove è segnalata l’attesa più lunga e poi percorrere a ritroso tutta l’esposizione. Durante la camminata, veniamo attratti dal padiglione del Brasile, indicato come uno fra i più belli, ed essendo privo di coda decidiamo di visitarlo subito. Prima di cominciare la descrizione dei padiglioni visti, vorrei segnalare a quanti non lo sapessero che è sufficiente portare una bottiglietta d’acqua o un bicchiere, ci sono infatti numerosissimi fontanelli di acqua gratuita naturale o frizzante sparsi ovunque. Noi abbiamo scelto di tralasciare tutti i padiglioni disposti lungo il Cardo (la via perpendicolare al Decumano) dove prendono posto gli stand regionali italiani, semplicemente perché ci è sembrato inutile visitare prodotti e tradizioni che ben conosciamo o abbiamo sempre a portata di mano. Ed ora, padiglione per padiglione, in ordine di visita.

brazil1. Brasile: una enorme rete sospesa sulla quale camminare, permette di “sorvolare” un orto sottostante con le principali specie botaniche brasiliane. L’esperienza è molto divertente e particolare, giunti al termine della rete, in salita, si attraversa il padiglione dal secondo piano al piano terra: non c’è molto da vedere all’interno, il padiglione risulta spoglio e poco propositivo in termini di soluzoini eco alimentari, ma rispetto a molti altri non esce fuori dal tema “nutrire il pianeta” e propone alcune soluzioni abitative e colturali sospese realizzate in ceramica bianca.

Japan2. Giappone: non c’è dubbio, il padiglione del Giappone è il più bello dell’intera esposizione, così bello che sembra provenire da Expo 2050, tanto è avanti rispetto agli altrii. Quarantacinque minuti di coda allietati da un video molto divertente e dalle hostess nipponiche che ci spiegano la visita: si entra a gruppi di 25 persone e si attraversano tre aree principali. La prima, focalizzata sulla scrittura giapponese e la relazione di questa con la natura, è molto minimale ma d’effetto. La seconda sala è qualcosa di spettacolare: un campo di foglie di loto luminose circondato da specchi ed ologrammi dove, tramite un immenso display, si spiegano origini ed evoluzoine dell’agricoltura Giapponese, un’esperienza emozionante e coinvolgente. A seguire alcune sale delle quali non voglio svelare troppo, conducono ad una sala più grande dove quattro enormi mappamondi interattivi spiegano la situazione mondiale in termini di clima, ripartizione del cibo, condizioni economiche e soluzioni possibili, mentre sul maxischermo un filmato adatto anche ai bambini spiega come sia fondamentale nutrirsi in modo corretto ed evitare gli sprechi. Infine, al piano superiore, ci si prepara ad accedere al Ristorante del Futuro, la vera attrazione di questo padiglione e, forse, di tutta l’esposizione. Ci si siede appunto in un ristorante supertecnologico, all’intenro del quale i camerieri si muovono su mezzi di trasporto futuristici ma reali, mentre sul proprio tavolo, al posto del cibo, ciascuno ha un piatto virtuale visualizzato in un touch screen e da gestire con vere bacchette di legno: si può scegliere il proprio menu, conoscere le mille combinazioni possibili di cibo in base alle stagioni e trasportare le immagini dalle ciotoline laterali al piatto centrale per approfondire ogni pietanza, il tutto mentre due animatori cantano e ballano in un clima così travolgente che è impossibile non restare a bocca aperta.

slovakia3. Slovacchia: uno dei numerosi padiglioni fuori tema, a mio avviso. E’ molto piccolo e decorato con strumenti musicali ed artigianato tipico, sembra che la sola cosa che interessi sia promuovere il turismo in questo paese, ma del tema fondamentale nessuna traccia

Russia4. Russia: esteriormente imponente, all’interno è piuttosto spoglio e privo di attrattiva.

Estonia5. Estonia: una galleria di immagini di questo meraviglioso paese, ma nulla che proponga soluzioni o impegno per la nutrizione mondiale

Oman6. Oman: Molto bello, soprattutto esteriormente, dove complice il gran caldo si ha veramente la sensazione di trovarsi in questo paese mediorientale, ma all’interno è piuttosto povero. Tuttavia, è molto interessante la spiegazione della barriera artificaiale sottomarina installata al largo della costa tramite enormi campane traforate di cui è presente un campione, per risolvere il fenomeno dell’erosione e creare un habitat naturale alla fauna marina, opera che sembra avere ben cinquecento anni. Sul retro un enorme ristorante tipico dai prezzi medi.

indonesia7. Indonesia: Esteriormente incantevole, all’interno è un po’ povero di originalità. Lo abbiamo scelto per pranzare: una porzione di Goreng misti a soli 10 Euro

Turkmenistan8. Turkmenistan: Un contenitore. Bello e trionfale, ma praticamente vuoto

qatar9. Qatar: Architettura impeccabile ed importante,  all’interno colpisce soprattutto il progetto di rinverdimento del deserto

morocco10. Marocco: suddiviso in quattro settori, mostra il Paese da Nord a Sud illustrando molto bene colture e culture delle quattro macro aree del Paese: la costa Atlantica, l’Atlante, la zona centrale ed il grande sud che, manco a dirlo, per loro è da intendersi comprensivo dei territori del Sahara Occidentale.

Usa11. Stati Uniti d’America: terribile, probabilmente il più brutto di tutto l’Expo, in proporzione all’importanza del paese. Tronfio ed imponente, all’interno non ha niente. Veramente niente. Non si può dire che sia fuori tema, in quanto non ne affronta alcuno. Salita un’immensa scalinata, ci si trova davanti a Barak Obama che discorre su inutili ovvietà, e qualche pannello informativo circa le dighe realizzate nel territorio, nessuna menzione sul fatto che tali dighe hanno causato un danno ambientale irreparabile, causato l’estinzione di diverse specie animali e compromesso irrimediabilmente molti territori dei nativi americani. Alla vuotezza di tutto ciò, si aggiunge un bar dove si serve il famoso “California Spritz”. Ma non era stato inventato in Veneto? Imbarazzante.

Kuwait12. Kuwait: Mi ha molto impressionato per la spiegazione, completa di plastico, di alcune macrofattorie riealizzate nel paese, e del processo della rigenerazione dal deserto. Il padiglione esteriormente è molto bello. Ad attrarre l’occhio è una  cascata che funziona da sipario, e sulla quale, con getti d’acqua sovrapposti ad arte a quello principale, compaiono alcune scritte in inglese ed arabo.

Ecuador13. Ecuador: Si entra a gruppi e, con una visita guidata, si scoprono le quattro regioni in cui è stato suddiviso il paese: la Costa Atlantica, le Ande, l’Amazzonia e le Galàpagos. Si apprende che è qui che si ha la maggior biodiversità al mondo e si conoscono i prodotti anche grazie a colonnine tramite le quali è possibile odorare tonno, gamberi, cacao, rose ed altre tipicità. Sicuramente, invita alla visita ed è perfettamente allineato al tema principale di Expo, facendo leva sul raggiungimento della quasi totalità di energia pulita derivante dalle centrali idroelettriche, ben il 93%.

Slovenia14. Slovenia: Padiglione delizioso come ci si aspetta da questo splendido territorio nostro vicino di casa. Si scoprono sale minerale, sul quale è possibile camminare scalzi, miele, energia eolica ed acque sia minerali che termali.

Austria15. Austria: L’Austria ha ricreato una foresta tipica tirolese, completa di umidità, sottobosco e temperatura fresca! Un vero refrigerio girare per questo bosco che risulta molto verosimile ed affascinante.

Cile16. Cile: L’affascinante Cile punta soprattutto sui prodotti della regione centrale, in particolare vino e pesce, mostrando in una serie di video proiezioni di tutte le fasce climatiche di un territorio lungo oltre quattromila chilometri.

Turchia17. Turchia: Interamente all’aperto, offre frutta secca gratuita ed una bella scenografia tipica, ma assolutamente niente circa il tema fondamentale

swiss18. Svizzera: Esteriormente spoglio e brutto, questo padiglione fonda il suo tema sul consumo responsabile, con la domanda “Ce n’è per tutti?”. Ha quattro torri riempite rispettivamente con caffè, sale minerale, acqua e mele disidratate. Ciascuno, una volta salito, è libero di prendere prendere quanto vuole di ciò che vuole, senza limite, la sfida è che la responsabilità sia maggiore dell’avidità e che le torri, i cui scaffali scompaiono e si schiacciano man mano che vengono svuotati riescano a non scomparire prima del termine dell’esposzione. Al piano terra, una mostra su Zurigo: probabilmente la cosa più brutta vista ad Expo: una galleria di foto tutte brutte uguali, alternate a sculture fatte con bottiglie di vetro vuote di dubbio gusto.

Italia19. Italia: Il palazzo Italia è immenso e la lunga coda, di quasi un’ora, è stata probabilmente la più grande perdita di tempo della giornata. La desolazione delle stanze e la pochezza di contenuti ci ha lasciati profondamente delusi e negativamente impressionati. Come prevedibile, si assiste alla solita fotogallery sulle bellezze architettoniche del nostro Paese, seguita da quelle artistiche e via e via le solite cose note a tutti, ridondanti e fuoriluogo, senza il minimo riferimento alla nutrizione. Originale la stanza che immagina un mondo senza Italia, e quindi senza le nostre invenzioni e realizzazioni: divertente, ma un pochino arrogante.

Francia20. Francia: Un’unica sala espositiva in un padiglione tutto sommato molto bello al quale si accede attraverso un orto incredibilmente rigoglioso di prodotti tipici. All’interno, un’accozzaglia di elementi artigianali impossibile da focalizzare, che sono esposti fin sopra alle pareti. Nessuna traccia del tema principale.

Olanda21. Olanda: Padiglione decisamente fuori dal coro: sembra di essere in un circo, o in una festa anni settanta. Accompagnati da una musica dance, si percorre questo spazio all’aperto fra roulottes e furgoncini che vendono ogni sorta di leccòrnia tipica, per poi raggiungere un labirinto di specchi ed una ruota panoramica

Spagna22. Spagna: Grafica accattivante e percorso interessante per questo padiglione che spiega le ricette tramite fornelli interattivi e focalizza l’attenzione sulle ricchezze del territorio che, a quanto pare, ha la più ampia biodiversità d’Europa.

iran23 Iran: piuttosto anonimo: si attraversa una sorta di orto all’aperto per poi ritrovarsi all’interno di un mercato tradizionale iraniano con prodotti tipici artigianali. Tema principale non affrontato.

Azerbaijan24. Azerbaijan: Un piccolo padiglione molto ben organizzato e gestito, disposto su tre livelli fra i quali sono incastonate altrettante sfere di vetro contenenti un bosco, una visita virtuale di Baku ed un’esperienza interattiva della cucina locale. Nelle sale, prati di fiori luminosi e sonori che si illuminano e suonano se sfiorati: di grande effetto.

cina25. Cina: Un’imponente struttura in legno che ricorda un’abitazione tipica delle zone dell’entroterra, ospita al suo interno alcune sale che spiegano il rapporto ancestrale fra uomo e cibo e come nei secoli l’uomo abbia modificato il territorio a suo piacimento, contribuendo allo stesso tempo a conservare, proteggere e migliorare il clima. Viene spiegato come le risaie, principale ricchezza del territorio, contribuiscano all’ambiente creando ossigeno ed umidità fondamentali alla vita.

Corea26. Corea: un bianchissimo ed immenso padiglione, futuristico e tecnologico, che fonda il suo tema principale sulla corretta alimentazione: In un percorso che spiega i danni dell’obesità e dello spreco alimentare, propone in un video dinamico e robotozzato la ricetta per la corretta alimentazione. Quale? Mangiare coreano, ovviamente!

thailand27. Tailandia: Avevo grandi aspettative da questo padiglione che, esteriormente, ha la forma di un cappello tradizionale. All’interno, una proiezione video a 360°C di poco impatto e poco interesse, seguita da un filmato in tipico stile reverenziale Tailandese nel quale si imperversa per quasi dieci minuti sulla magnanimità, l’altruismo ed il genio innovativo del loro Re, attribuendo qualsiasi successo tecnologico ed ecologico tailandese solo ed unicamente all’amato sovrano. Purtroppo, nessun ristorante Tailandese all’interno, ma uno shop di cibi in scatola precotti da poter riscaldare al microonde e mangiare sul posto. Una grave mancanza per quella che è, a mio avviso, una delle cucine migliori al mondo.

malesia28. Malesia: Il padiglione ha la forma di tre enormi semi in legno e vetro all’interno dei quali si incontrano, rispettivamente, un video sul territorio un po’ noioso, una ricostruzione della foresta pluviale piuttosto cheap, ed infine una sala esplicativa dei principali prodotti. E’ interessante l’approfondimento sull’albero della gomma e sull’olio di palma, del quale vengono elencate le innumerevoli proprietà ma in relazione al quale si sorvola completamente circa il problema della deforestazione che sta causando l’estinzione degli oranghi. Una mancanza pesante e quasi fastidiosa, che visto il tema di grande attualità, avrebbe dovuto essere supervisionata, smussata e sfruttata allo scopo di puntare un faro su questo gravissimo problema.

Angola29. Angola: E’ lo stato Africano con il padiglione più grande ed imponente. Meravigliosamente strutturato e colorato all’esterno, ha al suo interno una spirale infinita che porta a salire svariati piani, circa cinque, dove vengono spiegati prodotti agricoli ed industriali del territorio angolano, un paese in rapidissimo sviluppo. Gunti sulla sommità, dalla quale si gode di uno splendido panorama, si ha la possibilità di accedere al ristorante tipico, ad una mostra artistica temporanea, o ridiscendere verso l’uscita.

Vietnam30. Vietnam: Riproduce esteriormente una foresta, con i suoi alberi altissimi in legno a sostegno del padiglione. Internamente, tuttavia, non ha nulla di interessante

UK31. Regno Unito: Chi avrebbe mai pensato che gli inglesi avrebbero avuto così poco interesse per l’Expo? Uno padiglione spaventosamente vuoto, contenente una sorta di prato, bruttino ed incolto, nel quale si cammina ascoltando il suono dei grilli provenienti da altoparlanti piantati nell’erba. Stop. Niente di niente, eccetto un bar peraltro molto triste e vuoto.

nepal32. Nepal: Il padiglione, costruito per ultimo ed a tempo di record in seguito allo spaventoso terremoto di qualche mese fa, è bellissimo esteriormente, e mi commuovo al pensiero che la mia amata Durbar Square di Kathmandu, di cui è presente una fedele ricostruzione, non esista più. C’è molta malinconia ed ossequioso silenzio in questo luogo, dove la visita è accompagnata dal suono ininterrotto delle preghiere dei monaci buddhisti in sottofondo.

messico33. Messico: Allegro e giocoso come ci si aspetterebbe, è molto scarno nella sua parte espositiva, e molto frizzante nella sua parte ristorativa.

Grandi assenti: i paesi Scandinavi tutti e l’Australia. Qualcuno conosce il perché?

AlberoAlbero della Vita: Una struttura immensa a forma di albero, realizzato sollevando idealmente la planimetria di Piazza del Campidoglio di Roma. Molto suggestivo, l’albero è circondato da fontane e getti d’acqua che si muovono a tempo di musica. Al calar del sole, lo spettacolo si arricchisce di una scenografia luminosa spettacolare che comprende anche alcuni fuochi artificiali e la fioritura dell’albero stesso. Imperdibile.

In conclusone, penso che Expo Milano 2015 sia assolutamente da vedere, comunque si decida di impostare la propria visita. Sia che il proprio interesse sia rivolto alla cucina internazionale, all’ecologia o semplicemente alla voglia di viaggiare in luoghi che mai riusciremo a vedere davvero, la visita è ben ripagata. Non c’è luogo al mondo che vorrei non visitare, potessi spenderei il resto dei miei giorni esplorando ogni angolo del pianeta. Come sappiamo, una vita non basta, approfittare di questo evento è fondamentale a mio avviso, anche se adesso mi ritrovo con l’ansia ed il desiderio di partire al più presto possibile, destinazione Mondo!

scrittura, Viaggi

Thailandia, diario di viaggio

(Segue dal diario di viaggio in Laos pubblicato due giorni fa)

21 Giugno
Sono arrivato a Nong Khai da Vientiane in Laos, con l’autobus. Non ho portato la guida della Thailandia poiché pesa oltre un chilo ma a memoria raggiungo il centro e con immensa sorpresa trovo un albergo tutto in legno con le camere affacciate su un giardino meraviglioso, letti immensi e sia le pareti che i pavimenti sono in teak. Sembra un luogo bellissimo. Acquisto una notte per soli quattro euro, incredibile. La mia stanza è pulita in modo maniacale ed ho la mia veranda con sdraio, tavolino e fiori dappertutto. La Thailandia non si smentisce mai, il proprietario e’ estremamente servizievole, sul letto ci sono asciugamani disposti perfettamente, ho accesso libero al frigorifero con bibite ed acqua. Il lungofiume è nuovissimo, una passeggiata carica di aiuole curatissime, pavimenti in pietra bianchissima e una fila di locali e ristoranti tutti in legno con terrazze immense piene di gente e golosità locali. Non immaginavo un posto così piacevole. Per cena ordino un Tom Yam che a ragione ricordavo ottimo e piccantissimo. La serata in veranda sullasdraio mi fa sentire così bene che pur non facendo niente rimango seduto due ore a godere dell’atmosfera incantata.
22 Giugno
Finalmente una notte senza incubi. Finora ho sognato sempre di venir sbranato dai lupi o scene in cui mi ritrovavo nudo in pubblico. Nei miei sogni però sono sempre a scuola, alle superiori, notte dopo notte continuo a sognare scene di allora, compagni di allora, chissà che macchinoso meccanismo attiva la memoria di quel periodo in luoghi così remoti. Appena sveglio non ho dubbi: vado dal proprietario ed acquisto un’altra notte. Si sta così bene che è un peccato fuggire subito. Cerco una lavanderia e lascio una busta di vestiti che saranno pronti nel pomeriggio. Il caldo è a livelli africani ma fortunatamente c’è un bel venticello e lo sopporto bene. Vado alla stazione del treno per informarmi sul treno verso Bangkok ed ho un’amara sorpresa: c’è sciopero e tutte le corse sono soppresse. Che sia bloccato quassù? Il gentilissimo capostazione mi da il numero di telefono dicendomi di richiamare domani per sapere se sarà finito e il treno partirà e mi rinfranca dicendomi che è comunque possibile andare in autobus. Speriamo bene. Il pomeriggio lo passo al mercato coperto: un corridoio di negozi e bancarelle lungo mezzo chilometro con varie diramazioni. Ci sono anche tante cose di qualità ottima e, mancando il cibo, non ci sono strani odori come è tipico nei mercati indocinesi. Verso sera mi faccio una doccia e mi preparo per cena: non ho mangiato da ieri ma oggi proprio non ho appetito, forse colpa del caldo. Stavolta mangio un fantastico Curry verde di manzo e poi, mentre sto per rientrare, mi sorprende un temporale violentissimo. Rimango sul lungofiume su una panchina sotto ad una tettoia e me lo godo tutto: tuoni e lampi si susseguono senza sosta e l’acqua che cade fa un rumore assordante. In mezz’ora si calma un po’, torno in camera, poso tutto e mi metto in veranda a leggere e scrivere mentre la pioggia riprende forza per dieci minuti e poi smette.
23 Giugno
La giornata la passo vagando senza meta per Nong Khai. Per le bancarelle la gente mi riconosce e mi sorride oppure viene espressamente a salutare. In effetti sono molto riconoscibile, unico straniero da tre giorni a spasso. Vado a comprare il biglietto dell’autobus, del treno ho perso ogni speranza e lo sciopero continua, mi dispiace soprattutto non potermi fermare ad Ayutthaya in treno, come avevo programmato. Devo lasciare la stanza a mezzogiorno ma il titolare mi fa tenere lo zaino nel ripostiglio. Alle sette vado alla stazione degli autobus e non credo ai miei occhi quando salgo a bordo. Al prezzo di sei euro per un viaggio di nove ore mi accomodo su un sedile enorme, completamente reclinabile, e mi vengono forniti nell’ordine: asciugamani, coperta, acqua fresca, patatine, wafer e tè verde. Mi domando come facciano a rientrare nelle spese. Il viaggio è piacevolissimo e l’autista estremamente prudente. Ci fermiamo in quattro grandi cittadine e riesco anche a dormire un po’. A bordo viene trasmesso un film e il tempo passa piuttosto velocemente, non capisco però che senso abbia avere i sedili in velluto pesante in un paese tropicale, sono costretto a dormire sopra all’asciugamano per non sudare.
24 Giugno
Arrivo a Bangkok alle quattro di mattina, l’autobus mi lascia in periferia ed occorre quasi un’ora di bus urbano per arrivare in centro. E’ ancora davvero presto e zaino in spalla mi metto in cerca di una sistemazione. Comincio dalla Bo Bae Tower, dove alloggiai nel 2007 e mi emoziono ripercorrendo certi luoghi noti che tanto avevo amato. Dalle sei alle otto vado di porta in porta alla ricerca di una sistemazione. Ricordavo maleodorante e inquinata, ma non così tanto. Con lo zaino in spalla e nonostante l’ora già mi sento svenire: ho visto oltre venti guesthouses e pensioni ma sono piene, o sporche o troppo care. Inoltre l’assillo dei guidatori di tuk-tuk che non mi danno tregua mi ha messo di così malumore che devo rifugiarmi in un internet point. Davanti a me una cartina della Thailandia. Un pensiero dopo l’altro e in due o tre click faccio il programma più veloce della storia: un’ora dopo sono sul treno che mi porta a Hua Hin, al mare, località scelta praticamente a caso. Dove la terra indocinese sgocciola sull’Oceania e l’istmo di Kra trattiene quel lembo Malaysia per un pelo, diviso tra Thailandia e Myanmar, c’è la località balneare di Hua Hin dove vanno in vacanza i Thailandesi piu’ abbienti. La cittadina è una sorpresa come è una sorpresa la guesthouse dove mi sistemo: sospesa su una struttura a palafitta proprio sulla spiaggia! Praticamente esco dalla stanza scendo le scale e sono in acqua. Faccio subito un bagno a mare e l’acqua è caldissima, come un bagno turco. Alle spalle della cittadina, molto vivace e piena di ristoranti, massaggi e infrastrutture, nell’entroterra, c’è un parco nazionale dove spero di poter andare. Pago tre notti. Dopo jungla, villaggi, navigazione, ore nella polvere e tanti chilometri a piedi, questi tre giorni li passerò da Re spendendo un bel niente! Nel pomeriggio mi metto in esplorazione della città. Scopro che il Re risiede qui per la maggior parte dell’anno, infatti tutto in torno davanti alla costa ci sono navi militari di guardia. Oltre al centro città fatto di locali, vicoli e negozi, mi ritrovo in una zona moderna dai tecnologici centri commerciali e tante fra le catene alberghiere note in tutto il mondo e purtroppo anche tutti i fast food americani. E’ un vero peccato che l’identità tipica di questi luoghi si vada piano piano cancellando per far posto ad usi e costumi occidentali.
25 Giugno
Dopo colazione, noleggio uno scooter e parto in esplorazione, seguendo la costa verso sud. Raggiungo il promontorio di Takiap, con un tempio sulla vetta ed un panorama incantevole. Subito vengo attorniato da scimmie e quando ridiscendo la scalinata anche lo scooter è invaso da scimmie che non vogliono saperne di andarsene. Mi scelgo una spiaggia deserta e dopo un paio di bagni a mare mi stendo due ore al sole, poi devo smettere perché non lo sopporto. Decido quindi di partire alla volta del Parco Nazionale al confine con il Myanmar. Sono 73 km di strada bellissima, con asfalto perfetto. Dopo i primi venti chilometri di villaggi e piccoli centri i restanti cinquanta sono un saliscendi fra colline disabitate, mucche che invadono la strada e nessuno oltre me. Tutto intorno vette frastagliate che sembrano conchiglie conficcate nel terreno. Faccio tappa all’ospedale degli elefanti: ci sono elefanti partorienti, convalescenti e anche allestiti per gite nella foresta. Altri fanno gli equilibristi con cerchi attorno alla proboscide e ballano a tempo di musica. Riparto. La strada prende a salire e dopo diversi tornanti si infila in un altopiano pieno di laghetti e fitta foresta. Ad un tratto un cartello che sembra proprio dire “Attenzione alle Farfalle”. Resto un po’ perplesso ma poco dopo scopro il motivo. Nuvole di farfalle nere e blu compaiono all’improvviso in mezzo alla strada, sbattendo dappertutto sullo scooter, sul casco e anche sulla mia faccia, per poco non mi fanno cadere. E così via a intere manciate quasi da offuscare la vista. Finalmente ci sono: un cartello con l’effige del Re Bhumibol da il benvenuto nel Parco, passo un check-point della forestale e poi via, ancora foresta per altri dieci minuti. Ed ecco le cascate di Pa-La-U. Mi incammino sulla riva del torrente e una guardia forestale guardando le mie ciabatte infradito mi guarda come a dire ‘dove vai con quelle’. In effetti si scivola parecchio, perciò le tolgo e le mollo da una parte. La jungla è fatta per essere toccata, penso. Le cascate sono su vari livelli, ai due inferiori bassi si accede tramite comodi ponticelli di legno e gradini di pietra, ma poi il sentiero si addentra nella vegetazione lasciando il torrente per un bel pezzo. Cammino scalzo nella fanghiglia, sulle foglie, su radici nodose umide ed è come stare su un tappeto, mi piace veramente un bel po’ questa sensazione di contatto con la natura. Raggiungo il terzo livello e proseguo nell’acqua per altri due fino a trovare una grossa cascata con una grande laguna in cui si getta l’acqua ed una seconda laguna di acqua più ferma e trasparente piena di pesci . Poso tutto sulla riva e mi metto in piedi nell’acqua. Poco dopo mi accorgo di un grosso ragno nero sulla mia spalla e con un getto meccanico lo butto giù. La punizione è tremenda: in un attimo un turbine di pesci si getta sul povero ragno e ne perdo le tracce. Entro nell’acqua fredda lentamente e quando sono immerso i pesci non ci pensano su due volte e si fanno avanti a mordicchiarmi le dita dei piedi e le gambe. Fortunatamente l’acqua è trasparente e vedo tutto quello che accade sotto di me altrimenti me la sarei già data a gambe! Passo così un paio d’ore i beatitudine, ci sono piante che ho visto soltanto al negozio del mio amico Gianluca. Alcune con dei grossi sacchi appesi come contenitori delle dimensioni di una brocca da un litro, e fiori di ogni tipo. Si sente qualche stridulo verso nella boscaglia e ogni tanto si vede qualche scimmia sui rami piu’ alti. Una grossa farfalla arancione si posa sulla mia testa per un bel po’ e rimango immobile cercando di allungare la mano verso lo zaino per fotografarla ma quella invece riparte e si mette proprio sul mio portafogli. Comincia a piovere e ripercorro tutto il tratto nel bosco sempre scalzo e sempre da solo. La pioggia rinforza così nel viaggio di ritorno rimango in costume fino alle porte della città, poi smesso di piovere ed asciutto mi rivesto e vado a restituire lo scooter. Per cena decido di mettere i pantaloni lunghi e di tornare allo stesso piccolissimo ristorante in cui ho cenato ieri. Le zanzare mi hanno sbranato le gambe ma la cena era favolosa. E soprattutto, decido di mettere finalmente un paio di scarpe che non indosso da 14 giorni ormai. I piedi sono neri per il sole di sopra, e neri per le camminate a piedi di sotto. Mi stavo davvero abituando a stare scalzo, magari poter stare scalzi sempre! A cena ordino un Phad Thai che mi viene servito dentro ad un sacchetto fatto con una o melette, dentro ci sono i famosissimi tagliolini con germogli di soia e gamberoni. La solita passeggiata serale e poi a letto. Sotto di me si sente il mare, è quasi come dormire in barca.
26 Giugno
Nella notte mi sono svegliato due volte e sono uscito in terrazza, ma per il resto se conteggio le ore di sonno sono arrivato ben a dieci ore! Tantissime per me. Appena sveglio mi preparo lo zaino e vado in spiaggia, sarà una lunga giornata oziosa, lunga e lenta perché al mare so già che resisterò poco, di mercati e negozi ne ho abbastanza e di escursioni non ne ho in programma. Rimango a mollo un sacco di tempo e mentre sto per andarmene conosco Tlee, un ragazzo di New York in vacanza anche lui da solo. Parliamo così tanto su e giù per la spiaggia che quando ci salutiamo sono ormai le due. In doccia mi accorgo del livello di ustione che hosulle spalle, non riesco neppure ad insaponarmi. Con Tlee ho fissato alle sei per cenare insieme. Ci ritroviamo ed andiamo fino al centro commerciale insieme, ceniamo con pochissimo e poi lui insiste per andare al cinema a vedere Transformers. Prima del film, proiettato in Thai e quindi incomprensibile, tutti in piedi davanti ad un firmato sul Re che viene dipinto come un semidio. Ci salutiamo attorno a mezzanotte, dopo aver fatto tappa in un altro locale. Finalmente una serata con qualcuno, non che la solitudine mi dispiaccia ma comincia veramente a pesarmi stare seduto ogni sera da solo in ristoranti pieni di gente. Tlee poi, è un ragazzo estremamente piacevole, è in Thailandia da due mesi ed ha lavorato alla costruzione di alcune scuole di inglese e fatto tanto volontariato. Davvero un ragazzo saggio e intelligente. Che rabbia non essersi fatti una foto insieme!
27 Giugno
L’ultimo giorno è arrivato. Preparo lo zaino e mentre lascio la mia stanza incontro nuovamente Tlee. Secondo me lo ha fatto apposta. Vorrebbe che andassi in spiaggia con lui ma gli spiego che sono ustionato e che fra due ore ho il treno per Bangkok, se lo perdo arriverò troppo tardi per il mio volo. Ci salutiamo di nuovo e ci scambiamo le e-mail. Cammino lentamente attraverso il paese per far passare il tempo ma quando arrivo alla stazione ho speso solo mezz’ora. Mi siedo a leggere e dopo un po’, riecco Tlee di nuovo. Dice che era curioso di vedere la stazione e mi fa compagnia fino all’arrivo del treno. Saluto con grande dispiacere e parto. Il treno, di sola terza classe, è lentissimo e rumoroso, non ci sono neppure le porte e qualcuno salta dal treno durante il viaggio. Su e giù fra i vagoni passano i venditori ambulanti di pollo fritto, riso e bevande. Arrivo a Bangkok alle 19, speravo di avere un paio d’ore da spendere in città ma è in corso un temporale e prendo il primo bus per l’aeroporto. Ho sei ore di attesa prima del volo, ma non importa. Ogni attesa, ogni silenzio, ogni momento di non far niente semplicemente ascoltare o guardare in questo viaggio ha avuto importanza. Sono soddisfatto, appagato e per niente stanco ma ho ritrovato anche una nuova voglia di tornare, di vedere i miei e la mia casa e portarmi via tutto quello che questi luoghi mi hanno lasciato dentro. Nella cascata ho gettato una monetina, se il desiderio si avvererà….