Dialoghi di Casa Manilo

Peter

(mentre leggi, ascolta “Cirrus – Bonobo”)

Giugno 2019, giardino

Ho appena finito di cenare, quando uno dei miei tre ospiti mi chiama e, pregandomi di seguirlo, mi conduce nel giardino di sotto, davanti alla mia porzione di casa. Indossa una camicia bianca, pantaloni grigi a righe, da camera, e ciabatte invernali. Ha la mia età, ma sarebbe stato pressoché impossibile dirlo, se non avessi registrato il suo passaporto il giorno prima. Viaggia in compagnia di un altro uomo e di una donna, bellissima e sorridente. Mi hanno chiesto tre camere separate, suppongo si tratti di amici, ma non so altro, infatti, si son mostrati subito riservati al loro arrivo e, a parte l’entusiasmo per la casa, tale da portarli ad estendere la permanenza da una a quattro notti, non ho avuto modo di parlare con nessuno dei tre, fino a questo momento.

«Massi, mi puoi dire che alberi sono questi?» esordisce, indicandomi un olivo. Rispondo, spiegando di cosa si tratti, e prosegue «Le foglie si usano? Quando maturano le olive? Si possono mangiare dall’albero? E quello laggiù, che albero è?».

Mi fa molta tenerezza e rispondo con quanta più completezza possibile, provando un piacevole gusto nello spiegare qualcosa di così ovvio per me, e nello scoprire che per lui non lo è affatto. Il dialogo prosegue in modalità “nonno-nipote” per qualche minuto, con Peter che, puntando il dito verso il paesaggio che ci circonda, continua ad interrogarmi con i suoi occhialetti rotondi e dorati, e con la sua testa completamente rasata. Mi sembra quasi di stare parlando con  un bonzo. Improvvisamente ci interrompe Hela, la mia cagnolina, Peter si accuccia in quella postura fisicamente possibile solo agli asiatici, e, accarezzandola, interrompe la serie di domande per raccontare qualcosa di suo.

«Noi ti invidiamo molto Massi, sai? Questo posto è bellissimo, la campagna, il bosco. Da noi nessuno possiede del terreno e solo pochissimi possiedono un piccolo giardino. Gli altri due ragazzi sono scrittori, scrivono guide turistiche e saggi di viaggio. Nella sola ultima settimana hanno fatto Olanda, Belgio, Francia e Nord Italia. Noi orientali, come saprai, quando veniamo in Europa, cerchiamo di vedere quanti più luoghi possibile. Stanno scrivendo un libro sul rapporto degli europei con lo straniero, immigrato o turista, cercando di raccogliere del materiale in località il più possibile defilate, come questa». Si alza, lasciando Hela libera di allontanarsi, e prosegue. «Io li ho incontrati soltanto ieri, sul Lago di Como, ho fatto un giro completamente diverso dal loro, arrivo da Spagna e Provenza. Ci siamo conosciuti lo scorso anno, sempre in un viaggio ma in Corea, e avevamo previsto di trascorrere una notte qui, a Casa Manilo, per salutarci, passare una sera insieme, e proseguire poi per destinazioni diverse: loro diretti in Austria e Germania, io, invece, a sud». Ho quasi paura di interromperlo, perché ascoltarlo è affascinante, ho addirittura il timore che possa pensare di annoiarmi, quindi sorrido e faccio assensi col capo, mentre parla, per incitarlo a proseguire. «Io, sai, sono in Europa per ragioni completamente diverse dalle loro. Due ragioni, in realtà. La prima, è cercare di capire e scoprire cosa significhi spiritualità. Ho letto molto di religione e devozione, di passione per la fede e sacrificio, ma, non essendo religioso, non riesco a capire cosa possa significare, per qualcuno, dedicare la propria vita a qualcosa di non dimostrabile, di irreale, di astratto e misterioso. Non ho intenzione di abbracciare alcun credo, ma sto cercando di visitare alcuni luoghi della spiritualità per osservare, proprio da spettatore, questa realtà a me ignota. Così ho visto Santiago di Compostela, Avila, alcuni altri monasteri nel sud della Francia e infine avrei dovuto proseguire per Camaldoli, La Verna, Assisi ed infine Roma. Ieri sera però, siamo rimasti tutti e tre così colpiti dal tramonto e dalla bellezza del panorama, che abbiamo deciso di fermarci quattro notti anziché una soltanto: loro sistemeranno i loro appunti ed io… beh, più spirituale di questo luogo, non credo possa desiderare. Rinuncerò alle tappe intermedie ed andrò direttamente a Roma». Sono sempre più rapito da questo dialogo inatteso e particolare, cerco con lo sguardo Nicola nelle finestre di casa nostra ma senza individuarlo, mi piacerebbe venisse ad ascoltare questo ragazzo insieme a me. Peter sembra essersi accorto della mia momentanea distrazione, così, perché prosegua, chiedo quale sia la seconda ragione che lo ha portato in Europa. Mai avrei potuto immaginare la risposta che stavo per ricevere.

«Il secondo motivo del mio viaggio in Europa è vedere, a quarantasette anni e per la prima volta, il cielo e le stelle!». La mia espressione, sbalordita ed incredula, deve colpirlo, perché, da sorridente e leggero, il suo tono diventa appena più gravoso e serio. «A Seoul – che, scopro in quel momento, si pronuncia sòl [ndr], –  non si vedono le stelle la notte ed il cielo non è mai azzurro di giorno. Abbiamo tanto inquinamento, una cappa costante sulla città e, spesso, la sabbia del deserto mongolo rende il tutto giallastro e polveroso», si tocca quindi il colletto della camicia, per poi proseguire «Alla sera siamo sempre sporchi di smog e sabbia, la città è sovraffollata ed occupa un’area così vasta ed urbanizzata che non è semplice allontanarsi spesso». A quel punto incrocio le braccia, inclino la testa esprimendo stupore ed interesse, e chiedo se nelle campagne, o nelle zone agricole, la situazione sia diversa. Vedo che Peter, nonostante non mi stia facendo un quadro molto allettante del proprio Paese, ha piacere di proseguire il racconto. «In Corea del Sud quasi tutta la popolazione vive nei due principali centri urbani. Le campagne sono quasi totalmente spopolate e l’inquinamento dell’aria non risparmia ormai nemmeno quelle. Difficilmente, col tenore di vita che abbiamo, esiste il tempo di andare nelle campagne o altrove nel Paese, preferiamo risparmiare e fare un viaggio come questo. Pensa, durante la scuola primaria viene solitamente fatta una gita su una delle pochissime colline che abbiamo, per permettere ai bambini di intravedere qualche stella. Ieri sera, qui, nel tuo giardino, abbiamo spento le luci esterne e ci siamo stesi a guardare il cielo. Sono in Europa ormai da una settimana, ma sempre in città o cittadine. Vedere il cielo da qui è stato commovente, grazie».

Ho messo la casa in cui sono cresciuto su un famoso sito per affittare ai turisti. L’ho fatto così, quasi per gioco, sperando di avere ogni tanto qualcuno che la abiti, dopo che i miei sono entrambi recentemente scomparsi. Ebbene, il solo aver avuto Peter, anzi, questa sola conversazione con lui, mi fa pensare di aver già ottenuto il più grande compenso possibile: il confronto. Questa chiacchierata è stata un piccolo viaggio, emotivo e mentale. Certo, il mio cielo è questo da tutta la vita, e spero rimarrà tale, i miei alberi sono gli stessi, piccoli, ovvi, scontatissimi ed onnipresenti olivi da sempre. Eppure, dopo stasera, credo che tornerò spesso a pensare a come, incredibilmente, tutto questo possa essere così meraviglioso e stupefacente per qualcun altro, in qualche parte del mondo, e che costui, per puro caso, potrebbe trovarsi a passare da qui.

 

 

Foto 20-05-19, 14 54 19

 

 

Italia

Sei in un Paese Meraviglioso!

sei un paeseLo ripeto continuamente, e chi mi conosce lo sa bene: le carte geografiche mi attraggono e non mi stancano mai, ed è proprio grazie a questo che, ultmamente, ho subito il fascino delle nuove installazioni comparse negli Autogrill di Autostrade per l’Italia: cartografie enormi e molto chiare dell’area intorno al luogo in cui ci si trova e con le indicazioni per raggiungere dalla posizione corrente tutte le principali località turistiche della zona. Una iniziativa lodevole, dal titolo importante e tronfio ma decisamente adeguato e veritiero: “Sei in un Paese Meraviglioso! Scoprilo con noi!” (noi di Autostrade, ndr).

In effetti, la grande maggioranza delle località turistiche, note e meno note, è accessibilie sopratutto grazie alla nostra rete autostradale, una rete pionieristica negli anni 60-70 ma che, nonostante l’amore per la polemica che ci contraddistingue, si difende molto bene ancora oggi per manutenzione ed avanguardia. Ho viaggiato molto in auto, in Europa, Asia ed America, e proprio per questo amo particolarmente le nostre autostrade dalla cartellonistica quasi unica. Basta infatti andare nella vicina Francia, ad esempio, per notare la differenza: qualche cartello riepilogativo delle distanze di alcune delle principali località e nient’altro, in corrispondenza degli svincoli, ci si deve accontentare della sola parola “Sortie”, senza nemmeno un nome di città. Percorrendo le nostre autostrade, invece, incontriamo un cartello ad ogni chilometro che annuncia le uscite successive e le aree di sosta, eredità riadattata e ancora funzionale delle pietre miliari romane, avvicinandoci ad ogni uscita, troviamo una serie di cartelli riepilogativi delle località servite dallo svincolo, ed infine, il nome dello svincolo stesso che prende nome dalla città più importante e vicina che si può raggiungere uscendo. A tutto questo, si aggiungono nomi di viadotti e gallerie, display luminosi ed i pannelli marroni turistici, nati a fine anni ’90. Sembra molto scontato, ma siamo praticamente i soli a possedere una così ampia gamma di informazioni durante il viaggio. 

Questa nuova iniziativa, non si limita ai soli pannelli ed alla cartografia, ma viene accompagnata da una serie di documentari in onda su Sky Arte HD che presentano molte delle località servite da Autostrade per l’Italia, una promozione turistica efficace ed immediata che, per quanto mi riguarda, invita alla scoperta ed al viaggio. Dal sito di Autostrade per l’Italia è possibile visualizzare tutte le cartografie installate, con le relative schede descrittive complete di cucina locale, borghi, percorsi e molto altro. Il turista che decidesse di percorrere il nostro Paese in Auto, avrà così l’imbarazzo della scelta: basta una sosta caffè ed ecco tutte le notizie sul territorio, ovviamente, anche in Inglese.

Tutte le informazioni sono reperibili al seguente link, buon viaggio a tutti, nel nostro Paese veramente meraviglioso, e come dice Cremonini nella sua canzone, così appropriata a questo articolo, “e per quanta strada ancora c’è da fare… Amerai il finale!”

http://www.autostrade.it/sei-in-un-paese-meraviglioso/

Cucina, Italia, Mondo, Viaggi

Mercato Centrale, Firenze

Questo slideshow richiede JavaScript.

Durante i miei viaggi ho finito spesso per andare alla ricerca di una food court, un luogo cioè con un’ampia scelta di chioschi e ristoranti che permette in poco tempo di mangiare bene e sedersi insieme ai propri compagni pur scegliendo pasti differenti. Ricordo le food court di Pier 17 a New York, la scenografica distesa di tavolini al Bayside di Miami, Kungshallen a Stoccolma, il caotico Camden Town a Londra e quelle presenti nei modernissimi mall di Bangkok e Pechino. Tutte però, con il comune denominatore multietnico: luoghi come gli Stati Uniti infatti, dove la cucina locale ha una tradizione praticamente inesistente, non possono fare altro che offrire una scelta di pietanze provenienti da tutto il mondo: sushi espresso, pizzeria, self service cinese, burritos messicani, paella spagnola e così via. A Firenze, invece, oggi c’è di più. Al Mercato Centrale di San Lorenzo, struttura restaurata e dalla scenografia senza paragoni, il piano superiore è stato completamente rinnovato ed allestito con un luogo votato al convivio, dove all’insegna di un design modernissimo che non entra in conflitto con la struttura storica, è possibile sedersi a mangiare prelibatezze di innumerevole varietà, tutte però rigorosamente locali e dalla qualità garantita. Gli arredi in legno ed acciaio e la divisa comune a tutto il personale affidano il compito della diversificazione al cibo stesso, che sostiene egregiamente il compito di stuzzicare l’occhio ed umettare il palato. Dalla pasta fresca alla carne, dal pesce ai formaggi, dal gelato artigianale alla birreria, tutto appare perfetto, soprattutto al turista che può finalmente fuggire, con una spesa contenuta, alle piramidi di gelato di polistirolo e cataste di pizze al taglio di spugna traboccanti dalle vetrine del centro storico che da decenni consegnano al mondo un immagine distorta della cucina locale. Io, mi sono lasciato incantare dalla preparazione del panino al lampredotto, anima di Firenze, qui preparato seguendo tutte le tradizionali accortezze del caso, compreso il bagno del pane nel brodo. A completare il tutto, una scuola di cucina che, a giudicare dall’aspetto professionale delle attrezzature e degli insegnanti, sembra perfetta.

Srī Lanka, Trekking, Viaggi

Trekking a Sigiriya

20140406-095657.jpg

La scalata dell’enorme roccia del leone, residuo di un antichissimo cono vulcanico, è un’esperienza unica, impossibile altrove. La biglietteria del sito, patrimonio dell’umanità UNESCO, apre alle 7:00, e se come noi avrete la fortuna di essere i primi ad accedere, potrete godere a pieno di ogni momento nella pace totale. Si attraversano i resti degli immensi giardini reali dove a parte qualche inserviente intento a spazzare le foglie, solo le scimmie e qualche uccello ci fanno compagnia. Qualche breve rampa di scale ci avvicina al monolite, dove inizia la vera scalinata. È indispensabile munirsi di acqua in abbondanza e protezione solare, già alle 8:00 il caldo è impietoso. Un camminamento prima scavato sul fianco della roccia e poi sospeso nel vuoto, conduce sul lato nord dove si trovano due zampe di leone giganti che abbracciano una nuova scalinata. Arriviamo sulla sommità per primi e dopo una quantità indefinibile di foto, scegliamo un punto panoramico nascosto e ci sediamo su uno dei muri dell’immenso palazzo che si ergeva quassù, ospitando prima una reggia e poi un monastero. Nel giro di mezz’ora tutta la zona brulica di gente e la via del ritorno è una processione infinita di turisti da ogni parte del mondo che, nel caldo ormai insopportabile, si avventura in fila nella direzione opposta alla nostra e che, ne sono certo, avrà sicuramente un’impressione differente da quella di assoluta beatitudine che abbiamo vissuto noi. Discesa la roccia, ci godiamo le rovine sparse nel giardino sottostante, all’ombra di alberi giganti, anche qui del tutto indisturbati.